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                       Il
                      laboratorio
                      linguistico di italiano L2 nel percorso di integrazione
                      scolastica di bambini e ragazzi immigrati. Che posto
                      occupa il laboratorio linguistico, e le attività che vi
                      si svolgono, nel percorso di integrazione di bambini e
                      ragazzi immigrati nella scuola e nel loro personale
                      percorso formativo? 
                      A
                      quali loro bisogni  può
                      rispondere? Quale può essere la più adeguata
                      strutturazione del laboratorio? Che carattere debbono
                      avere le attività laboratoriali e in che rapporto stanno
                      con le altre attività proposte dalla scuola? 
                      1.    
                      Ostacoli, problemi, bisogni, equilibri. 
                      Per cercare di dare risposte convincenti e utili occorre
                      che innanzi tutto proviamo a individuare quali sono i
                      problemi e gli ostacoli con i quali si devono contemporaneamente
                      confrontare i nostri alunni neo-immigrati. In sintesi
                      essi sono riconducibili a 
                      
                        - 
                          
 cambiamento
                          di regole e punti di riferimento:
                          spazi, tempo, stili di insegnamento/apprendimento,
                          modalità relazionali, “impliciti” culturali …*  
                        - 
                          
 apprendimento
                          della lingua per comunicare  
                        - 
                          
 apprendimento
                          della lingua scritta (alfabetizzazione in L2)  
                        - 
                          
 apprendimento
                          della lingua per studiare  
                       
                      Ma
                      i bambini e i ragazzi immigrati, siano essi di recente
                      immigrazione o nati in Italia, 
                      devono anche trovare un difficile
                      equilibrio personale su diversi piani: 
                      
                        - 
                          
 piano
                          affettivo-relazionale,  elaborazione di rotture e ricomposizione di  
                        - 
                          
 piano
                          culturale, pluralità di riferimenti e messaggi  
                        - 
                          
piano
                          culturale, pluralità
                          di riferimenti e messaggi-        
                          piano
                          del rapporto scuola-famiglia, aspettative
                          e messaggi diversi, talvolta contrastanti.  
                       
                      * Spesso
                      si sottovaluta l’incidenza dei modelli di
                      insegnamento/apprendimento, assai diversificati, che
                      vengono proposti dalle scuole dei diversi Paesi e nei
                      quali sono socializzati gli alunni. Ogni modello punta
                      prioritariamente su alcune competenze e ha specifiche
                      caratterizzazioni. Così ad es. il modello proprio della
                      Cina relativo all’apprendimento della lingua scritta
                      prevede, fra l’altro, 
                      estrema gradualità nella presentazione dei
                      contenuti, esecuzione accurata da parte degli alunni,
                      forte memorizzazione.Sul piano dell’educazione morale
                      vengono proposte esplicitamente poche ed essenziali regole
                      di comportamento che gli alunni devono memorizzare e
                      interiorizzare. 
                       
                      In questa difficile ricerca spesso bambini e ragazzi sono
                      lasciati soli: siamo soddisfatti che imparino l’italiano
                      quanto basta per raggiungere risultati accettabili. 
                      E tuttavia il compito che essi devono affrontare è
                      molto più impegnativo perché si tratta, come dice Bruner,
                      di “sentirsi a proprio agio nel mondo, di sapersi
                      collocare in una storia autodescrittiva” e questo è
                      reso ancor più difficile dalla migrazione. E d’altra
                      parte “non è facile, per quanto multiculturali possano
                      essere le nostre intenzioni, aiutare un bambino di dieci
                      anni a cercare una storia che lo inserisca nel mondo,
                      oltre a quelli della sua famiglia e del suo quartiere”
                      se è stato trapiantato da un villaggio del Marocco o
                      della Cina a Milano o a Reggio Emilia. 
                      Lungo
                      il percorso di questo ragionamento giungiamo a individuare
                      un significato assai pregnante del termine integrazione, non più inteso solamente in senso sociale come
                      accoglimento rispettoso e dialogante di “estranei”
                      nella nostra società, ma in un senso personale ed
                      evolutivo: come integrazione di storie personali,
                      conoscenze pregresse, consuetudini “culturali” con le
                      nuove esperienze. Occorre 
                      riconoscere la difficoltà del crescere nella
                      migrazione perché bambini e ragazzi immigrati sono
                      contemporaneamente “di qui e d’altrove”. 
                      Scrive Favaro che occorre dare una
                      “autorizzazione” esplicita che consenta loro di
                      inserirsi pienamente nella nuova realtà a partire da
                      appartenenze e identità vissute senza vergogne e
                      penalizzazioni, ma in modo personale e originale. 
                      Il
                      fatto poi che i bambini di recente migrazione non
                      conoscano l’italiano non deve nascondere che essi hanno
                      avuto una loro storia scolastica e personale e hanno
                      raggiunto livelli di competenza e abilità. Non sono
                      dunque bambini “carenti” in generale ma solamente
                      alunni che, per qualche tempo, non
                      hanno le parole per dire, per comunicare 
                      competenze e conoscenze già acquisite e possedute. 
                       
                      2.
                      Il laboratorio: un ambiente di apprendimento in un
                      contesto accogliente. 
                      In  “La
                      cultura dell’educazione” J. Bruner richiama
                      l’attenzione sul fatto che oggi gli psicanalisti
                      riconoscono che la
                      personalità implica una narrazione e che la nevrosi
                      è il riflesso di una storia insufficiente, incompleta o
                      inadeguata su se stessi. Probabilmente dunque “la
                      narrazione ha la stessa importanza per la coesione di una
                      cultura che per la strutturazione di una vita
                      individuale”. 
                      Che cosa ha a che fare tutto ciò con il laboratorio
                      linguistico? 
                      Se non intendiamo il laboratorio, e le attività che vi si
                      svolgono, in modo riduttivo,
                      come luogo e azioni finalizzate tecnicisticamente
                      all’acquisizione dell’italiano, essi possono giocare
                      un ruolo facilitante nell’aiutare gli alunni immigrati
                      ad apprendere la lingua funzionalmente adeguata a un loro
                      inserimento sociale e scolastico mentre svolgono
                      l’importante compito
                      vitale di integrare passato e presente, qui e altrove,
                      costruendo una loro identità personale. 
                      Nel laboratorio dovremmo allora collocare 
                      2 
                      I segni delle provenienze e delle appartenenze:
                      immagini, scritte, libri nelle lingue materne,
                      collegamenti a siti internet e carte geografiche dei
                      luoghi di origine, planisferi ... A proposito dei
                      planisferi è bene rammentare che si tratta di
                      rappresentazioni convenzionali del globo, spesso molto
                      diverse da Paese a Paese. La loro presenza nella scuola e
                      non solo nel laboratorio linguistico segnala un approccio
                      interculturale. 
                      2 
                      Le tracce dei
                      percorsi e delle storie personali: immagini,
                      fotografie, storie e “autobiografie “, giochi,
                      oggetti, libri e quaderni portati dai Paesi di origine ... 
                      2
                      Gli strumenti del
                      passaggio: parole per accogliere in L1 e in italiano,
                      liste di parole bilingui, dizionari e glossari, raccolte
                      organizzate e sistematiche di immagini, testi e materiali
                      per l’apprendimento dell’italiano ... 
                      2
                      Gli “angoli”
                      strutturati utili per organizzare situazioni comunicative
                      e operative: giochi linguistici (es. diversi tipi di
                      giochi dell’oca), materiali e attrezzature multimediali,
                      “angolo casetta” per i più piccoli, teatrino dei
                      burattini ( si tratta di situazioni che favoriscono giochi
                      di ruolo, simbolici, di simulazione) .... 
                      Certamente
                      il laboratorio non potrà essere un luogo “a parte”,
                      isolato in una scuola disinteressata alle diverse
                      appartenenze: esso funziona se è inserito in una scuola
                      accogliente in cui siano visibili e rispettate le
                      appartenenze, pur senza mai costringere nessuno a
                      richiamarvisi. D’altra parte le appartenenze non devono
                      essere intese come identità determinate una volta per
                      tutte, senza evoluzione, senza declinazioni soggettive e
                      personali. 
                      3.    
                      Attività di laboratorio e lavoro in classe. 
                      Alcune
                      ricerche, riportate in “Bambini stranieri a scuola” di
                      Demetrio-Favaro, hanno preso in considerazione le
                      tipologie di interazione e di scambi comunicativi che si
                      realizzano più frequentemente nelle scuole: 
                      
                        - 
                          
conversazioni
                          a due bambino/insegnante  
                        - 
                          
interazione
                          fra insegnante e l’intera classe, sia in momenti di
                          conversazione/discussione che di lezione frontale  
                        - 
                          
interazioni
                          fra insegnante e piccolo gruppo eterogeneo di bambini,
                          italiani e stranieri, in classe  
                        - 
                          
scambi
                          e interazioni fra i bambini, in situazioni informali e
                          di lavoro di gruppo  
                        - 
                          
 interazione
                          fra insegnante e piccolo gruppo di bambini immigrati
                          in momenti di laboratorio linguistico  
                       
                      Le
                      situazioni più promettenti per l’apprendimento
                      linguistico degli alunni immigrati sembrerebbero le ultime
                      due. Infatti le interazioni comunicative fra
                      l’insegnante e l’intera classe vengono recepite dagli
                      alunni immigrati, specialmente nei primi tempi, come un
                      confuso “rumore di fondo”, mentre la conversazione a
                      due fra bambino e insegnante, senz’altro più
                      facilitante e individualizzata, generalmente non verte
                      sulle “urgenze” comunicative proprie dello scolaro
                      neo-arrivato. 
                      In
                      alcune scuole si è posta attenzione alle caratteristiche
                      e alle funzioni del gruppo nell’apprendimento della L2
                      da parte di bambini immigrati. Si è riscontrata così una
                      sorta di complementarietà produttiva fra momenti di gruppo di lavoro di soli
                      alunni immigrati e gruppi misti. 
                      Il
                      primo di tipo di gruppo, nel laboratorio, è senz’altro
                      artificiale ma “protetto” e più controllato
                      dall’insegnante. E’ facilitante sul piano sociale ma
                      anche cognitivo, favorisce la padronanza e l’autonomia,
                      stimola al confronto, alla collaborazione e al colloquio.
                      Si riscontra una maggiore facilità di apprendimento
                      linguistico in quanto è consueto il dialogo con
                      l’insegnante che porta ad accettare e comprendere, ad
                      esempio, le correzioni. Esso è anche un ambito di sfogo
                      emotivo in cui gli alunni possono parlare di sé, un
                      ambito dunque più familiare, “intimo”. 
                      Nel
                      funzionamento dei gruppi formati solamente da alunni
                      immigrati occorre tener conto di alcune variabili quali 
                      
                        - 
                          
la
                          numerosità (più è numeroso, oltre le 4 unità, più
                          aumenta la possibilità che gli alunni si distraggano
                          e fatichino ad inserirsi nel discorso);  
                        - 
                          
l’appartenenza
                          al medesimo gruppo linguistico che, se per un verso può
                          costituire un aiuto reciproco, dall’altro rischia di
                          favorire l’isolamento di alcuni alunni;  
                        - 
                          
 i
                          diversi livelli di competenza linguistica  
                       
                       Nel
                      gruppo “misto” gli alunni italiani possono porsi come tutor
                      dei loro compagni immigrati rendendo più facile la
                      comprensione della lingua, cercando strategie di aiuto e
                      sostenendo e apprezzando l’operato dei compagni
                      stranieri. Ovviamente il lavoro di gruppo non può essere
                      improvvisato o saltuario ma ha senso ed esplica tutte le
                      sue potenzialità se diviene una modalità consueta
                      dell’organizzazione della classe. La presenza di alunni
                      stranieri comporterà anche una scelta accurata dei tipi
                      di attività. Sembrano infatti più adeguate e meno
                      difficili attività ove il verbale sia impiegato con il
                      non verbale, ove possano essere usati schemi, cartine,
                      mappe, insomma riferimenti concreti, oltre che giochi a
                      squadre. 
                      Un’obiezione
                      avanzata alla funzione di “tutor” di cui verrebbero
                      investiti alcuni scolari nei riguardi di altri sarebbe che
                      in tal modo, al di là di un benefico effetto etico di
                      educazione alla solidarietà, i tutor “perderebbero del
                      loro tempo”. In realtà le esperienze condotte
                      sembrerebbero dimostrare addirittura che proprio i tutor
                      si avvantaggiano maggiormente dallo svolgimento di tale
                      loro funzione riportando un vantaggio
                      cognitivo significativo: spiegare ad altri e trovare
                      strategie per farsi capire comporta di chiarire meglio a
                      se stessi parole, idee e concetti, di scoprire le proprie
                      eventuali carenze conoscitive, aiuta a pensare ponendosi
                      da punti di vista diversi. 
                      Comunque
                      la partecipazione degli alunni stranieri al gruppo del
                      primo tipo, in laboratorio, li rende sempre più capaci di
                      gestire la propria partecipazione al lavoro nel gruppo
                      misto: il piccolo gruppo di soli alunni stranieri innesca
                      processi socio-cognitivi e favorisce acquisizioni che sono
                      poi riproponibili e spendibili in situazioni sia di
                      piccolo gruppo misto sia di gruppo più ampio. 
                      Da
                      quanto detto sopra discende la necessità di una
                      interazione fra attività laboratorio e di classe, di un
                      raccordo fra i docenti che operano nei due ambiti. 
                      4.    
                      Percorsi
                      laboratoriali 
                      Alcune
                      considerazioni relative ai tempi, alle caratteristiche dei
                      percorsi laboratoriali e alla loro collocazione. 
                      Per
                      quanto riguarda i tempi scolastici sarebbe auspicabile, in
                      linea generale e compatibilmente con il piano orario delle
                      lezioni delle classi, far in modo che le attività di
                      laboratorio linguistico non si sovrappongano ad attività
                      didattiche di classe a forte carattere espressivo e
                      manipolativo o comunque caratterizzate da un forte ricorso
                      a forme comunicative e di linguaggio non solo verbali che
                      facilitano l’apprendimento della lingua italiana in
                      situazione. Il laboratorio potrebbe svolgersi più
                      utilmente, almeno nei primi tempi, mentre in classe si
                      svolgono lezioni basate principalmente sull’uso della abilità
                      linguistica cognitivo-accademica che i bambini e i
                      ragazzi immigrati non possono ancora padroneggiare. 
                      La
                      normativa vigente indica come praticabile la realizzazione
                      di corsi intensivi. La
                      loro attuazione pone senz’altro un problema di
                      compatibilità con le attività di classe. Percorso
                      intensivo significa infatti concentrazione di un rilevante
                      impegno cognitivo da parte dei partecipanti in tempi
                      ridotti: aggiungere semplicemente la frequenza di un corso
                      intensivo alle normali attività di classe potrebbe essere
                      eccessivo specialmente per alunni delle classi elementari. 
                      Buoni
                      risultati possono essere raggiunti nei corsi intensivi nel
                      caso in cui siano propedeutici
                      all’inserimento in classe (ad esempio in periodo
                      estivo o comunque di sospensione delle lezioni) o quando
                      vi si sovrappongano parzialmente, ad esempio metà del
                      corso prima dell’inizio delle lezioni a settembre,
                      l’altra metà in orario extrascolastico ma non
                      necessariamente extracurricolare. In ogni caso è una
                      forma organizzativa che 
                      può essere compresa e sopportata da ragazzi delle
                      medie e delle scuole secondarie superiori. Moduli, anche
                      di diverso livello, potrebbero essere attivati anche in
                      corso d’anno scolastico. 
                      In
                      alcune realtà territoriali, istituti scolastici, in rete
                      o consorziati, ed enti locali provvedono a individuare una
                      scuola "polo" o "capofila" nella quale
                      confluiscono, durante l’anno scolastico, per alcuni
                      giorni alla settimana alunni immigrati delle altre scuole.
                      Questo modello organizzativo mira a utilizzare
                      sinergicamente risorse professionali ed economiche
                      carenti. Il rischio principale è rappresentato dalla
                      difficoltà di collegamento fra attività di laboratorio e
                      quelle di classe, dallo scarso rapporto fra i docenti
                      dell’uno e dell’altra, dalle troppo lunghe assenze
                      degli alunni stranieri dalla classe, ambito comunque
                      quanto mai rilevante di apprendimento cognitivo e sociale.
                      Si corre insomma il rischio di una “estraniazione”
                      reciproca fra alunni immigrati, compagni italiani e
                      docenti. Una diversa valutazione invece meritano
                      esperienze “consorziate” di laboratori linguistici che
                      si svolgono in periodi di sospensione delle lezioni o in
                      orari extrascolastici. 
                      Per
                      affrontare positivamente i rischi di cui sopra alcuni
                      progetti fra scuole ed enti locali, che mettono a
                      disposizione educatori formati per l’insegnamento
                      dell’italiano L 2, prevedono la presenza di queste
                      figure di supporto per alcune ore settimanali
                      all’interno degli istituti scolastici. La continuità
                      dell’esperienza, l’inserimento a pieno titolo nella
                      realtà scolastica facilitano anche l’integrazione fra i
                      percorsi laboratoriali e quelli di classe. 
                      In
                      altre situazioni territoriali presso le scuole sono
                      utilizzati insegnanti di ruolo che svolgono parte o la
                      totalità del loro orario nella conduzione di laboratori
                      linguistici per gli alunni stranieri. Si tratta di
                      insegnanti facilitatori
                      che, proprio perché appartenenti a pieno titolo al
                      collegio docenti, possono sviluppare programmi e progetti
                      fortemente integrati con le altre attività scolastiche. 
                       5.    
                      Risorse e competenze professionali 
                      La
                      realizzazione di percorsi di insegnamento/apprendimento
                      della lingua italiana richiede indubbiamente la
                      disponibilità di risorse professionali (docenti
                      competenti nell’insegnamento dell’italiano come lingua
                      seconda), economiche e strutturali. Non è questa la sede
                      per discutere della formazione dei docenti. E’ utile
                      invece indicare in sintesi alcune delle risorse, di vario
                      tipo, che il sistema mette a disposizione: 
                      
                        - 
                          
 compresenze
                          e contemporaneità dei docenti:
                          mediante un utilizzo flessibile è possibile
                          costituire pacchetti orari per attività laboratoriali
                          indirizzate a singoli alunni o a piccoli gruppi;  
                        - 
                          
 attività
                          aggiuntive dei docenti a carico del fondo
                          dell’istituzione:
                          questa risorsa consente la costituzione di pacchetti
                          orari continuativi da spendere sia in orario
                          scolastico che extrascolastico; occorre ricordare che
                          agli istituti scolastici con forte presenza di alunni
                          stranieri viene erogata annualmente una somma
                          integrativa al fondo dell’istituzione;  
                        - 
                          
docenti
                          facilitatori:
                          insegnanti appartenenti all’amministrazione
                          scolastica che vengono utilizzati per progetti, con
                          distacco totale o parziale dalla classe;  
                        - 
                          
accordi
                          e convenzioni con enti locali e associazioni:
                          alcuni comuni mettono a disposizione delle scuole
                          educatori che possono tenere laboratori linguistici
                          nelle scuole  
                       
                      Si
                      tratta di risorse non tutte ugualmente disponibili per
                      ogni scuola. D’altra parte la loro attivazione dipende
                      da scelte effettuate a livelli diversi: le singole scuole,
                      gli Uffici Scolastici Provinciali, ora le Direzioni
                      regionali, il Ministero, i Comuni ecc. Tuttavia le
                      istituzioni scolastiche possono sollecitare le altre
                      istanze da un lato, dall’altro potrebbero combinare le
                      diverse risorse in modo sinergico e flessibile sulla base
                      delle proprie esigenze e dei bisogni rilevati. 
                       
                      Bibliografia 
                      
                        - 
                          
 J.
                          Bruner “La cultura dell’educazione”, Feltrinelli  
                        - 
                          
G.
                          Favaro “Bambine e bambini di qui e d’altrove”,
                          Guerini e Associati  
                        - 
                          
 D.
                          Demetrio, G. Favaro 
                          “Bambini stranieri a scuola”, La Nuova
                          Italia  
                        - 
                          
 F.
                          Gobbo “Pedagogia interculturale”, Carocci  
                        - 
                          
 K.
                          Topping “Tutoring”, Erickson  
                        - 
                          
 E.
                          Cohen “Organizzare i gruppi cooperativi. Ruoli,
                          funzioni, attività”, Erickson  
                       
                         |