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Perché educazione interculturale nelle scuole?

 

La presenza dei bambini e delle famiglie che provengono da altri Paesi non sempre è stata vissuta come emergenza nella scuola e soprattutto  può diventare motivazione al fare e sollecitare negli insegnanti interrogativi sul loro ruolo e su quello dell’istituzione solo se nasce :

  • la curiosità per la pluralità dei linguaggi, delle storie, dei costumi e dei cibi presenti nel contesto educativo

  • un  disagio degli insegnanti e i genitori di fronte ai fenomeni di intolleranza e di razzismo;

  • una sollecitazione da  progetti di educazione ai diritti e/o al riconoscimento dell’altro.

  • una osservazione delle relazioni tra i genitori e la scuola, che spinge a interrogarsi sugli stereotipi, sui pregiudizi e sulla loro presenza nell’adulto e nell’infanzia

  • dall’incontro con la diversità e lo “spaesamento” che questo incontro a volte comporta. La presenza di bambini stranieri nelle scuole ha sollecitato insegnanti e istituzione scuola  a proporre degli adattamenti delle procedure, dei curricoli, delle attività, per adattarsi alla nuova realtà.

    Gli adattamenti, prima proposti in modo spontaneo ed episodico, hanno però mostrato la necessità di un ripensamento delle azioni , anche in considerazione del fatto che mentre il primo inserimento di alunni stranieri era spesso temporaneo e parziale, la scuola è ora chiamata a favorire il  pieno sviluppo degli alunni come cittadini di una società multietnica.

Parole chiave
Parole  chiave della scuola nella sua azione culturale sono “accoglienza” “alfabetizzazione” e “intercultura”.
E’ bene ripetere alcune connotazioni di questi concetti
I destinatari dell’accoglienza sono tutti gli alunni: l’accoglienza dell’alunno straniero richiede però un ripensamento delle procedure e dei segni di accoglienza, che hanno una forte caratterizzazione   simbolica ( linguaggi verbali e non verbali, segni di accoglienza, regole implicite)

I destinatari della alfabetizzazione (italiano lingua 2) sono gli studenti stranieri.
I destinatari di percorsi di intercultura sono tutti gli studenti dell’istituto; quindi non solo gli stranieri e non solo gli studenti italiani che hanno compagni di classe stranieri. Inoltre, necessariamente, i destinatari di percorsi di intercultura debbono essere le famiglie e possibilmente la città.
Un buon progetto  viene in genere articolato in tre parti: accoglienza, alfabetizzazione e intercultura.
Tale suddivisione è una forzatura per individuare meglio le responsabilità esecutive, perché in realtà i tre aspetti sono intrecciati.


Accoglienza
L’obiettivo  è facilitare l’ingresso agli alunni appartenenti ad altre culture, quindi ridurre il grado di vulnerabilità nella fase di inserimento.
L’accoglienza non deve essere un problema emotivo e relazionale del singolo insegnante, ma deve coinvolgere tutta la struttura scolastica, gli strumenti professionali, gli ambienti, i materiali, l’organizzazione.
L’accoglienza dell’alunno straniero presenta  una maggiore complessità rispetto a quella degli altri  per una molteplicità di variabili, che debbono essere valutate e affrontate attraverso azioni positive:  L’ alunno può essere:
  •  non essere italofono e non conoscere affatto la lingua italiana, parlata e scritta;

  •  più facilmente, essere non italofono, ma conoscere alcune parole ed espressioni di lingua italiana, limitata alla esperienze del qui ed ora;

  • essere italofono,  e avere mantenuto la propria lingua madre;

  • parlare correttamente o con qualche difficoltà  italiano e non avere mantenuto la lingua d’origine, se non per alcune limitate espressioni.

Inoltre   il bambino può avere assimilato comportamenti e abilità derivati da  modalità di cura, routines , credenze, valori, modelli di riferimento simili o diversi a quelli che in genere sono presenti nella nostra cultura (che pure sono variabili a seconda del’origine territoriale, del ceto, dei modelli famigliari, ecc.).
La famiglia può conoscere o non conoscere la lingua italiana, avere una cultura ampia e uno status sociale forte nel proprio paese d’origine, percepire come ascesa sociale e investimento sui figli il momento della migrazione, o essere famiglia debole e instabile qualunque sia la sua provenienza e il paese precedentemente abitato.
Al di là delle competenze, il bambino e la famiglia hanno aspettative nei confronti dei vari gradi di istruzione modellate sul sistema scolastico del paese d’origine, frequentato dai genitori o semplicemente sognato; esse riguardano il ruolo che i genitori hanno nell’istruzione dei figli, il ruolo dei genitori nei confronti degli insegnanti e della scuola, il materiale scolastico, ecc.
Esperienze di scolarizzazione precedenti, sia all’estero sia in Italia, condizionano pesantemente la qualità dell’integrazione, specie se le comunicazioni scuola famiglia non possono essere sostenute da una comunicazione verbale efficace.
E’ indispensabile che all’ingresso della scuola la famiglia offra quanti più elementi di conoscenza possibile sul bambino e sulle sue aspettative, sia al momento dell’iscrizione, sia al momento del colloquio individuale. E’ necessario tener conto che in alcune culture la presenza della famiglia non è prevista all’interno del sistema di istruzione, e quindi dopo il momento formale in segreteria può succedere che sia difficile  un nuovo incontro.
E’ egualmente necessario che la scuola proponga in modo chiaro ai genitori un percorso nei quali essi siano chiamati ad essere costantemente presenti, senza sentirsi in imbarazzo perché portatori di diversità, prima fra tutte la differenza di lingua .

Dispositivi di accoglienza

 Per dispositivi si intendono le modificazioni, i cambiamenti organizzativi che integrano e arricchiscono la struttura educativa per rispondere in maniera puntuale e flessibile ai cambiamenti e ai nuovi bisogni

  • Commissioni per l’accoglienza: gruppo di insegnanti che valuta le informazioni, supporta la rete territoriale dei servizi, propone percorsi, valuta la frequenza e l’integrazione in itinere

  •  “scaffale” multiculturale con testi, vademecum, supporti audio-video, oggetti e immagini – può essere nella scuola, in internet, o essere  a disposizione presso il  CREMI;

  • pronto soccorso linguistico : possono essere schede con parole o frasi più usate nella lingua del bambino,  da utilizzare in classe, o possono essere anche genitori di altri alunni che si rendono disponibili per comunicazioni con il bambino e la famiglia. (2 mediatori linguistici collaborano con il CREMI per albanese e arabo);

  • corsi di aggiornamento sull’educazione interculturale, sull’accoglienza e l’integrazione degli alunni immigrati –  es. ciclo di corsi: Conosci il mio paese…, che tengano conto del rapido evolversi dei fenomeni migratori;

  • organizzazione degli spazi, con segnali in cui il bambino si possa riconoscere  (immagini, scritte, oggetti).

Alfabetizzazione.
Alfabetizzare significa insegnare la lingua italiana come una seconda (o terza) lingua.

I modelli di apprendimento linguistici, in una cultura senza scambi, vedono il linguaggio verbale emergere dal linguaggio non verbale, ad es. dal linguaggio indicativo, e strutturarsi progressivamente in parole frasi, combinazioni di più parole, frasi più strutturate.

 L’apprendimento della lingua straniera così come esperito nella vecchia scuola italiana era modellato per lo più come l’apprendimento di una lingua “morta”, misurato sull’apprendimento grammaticale più che fonetico, o funzionale.

E’ chiaro che il bambino straniero, specie se piccolo, non adotterà nell’apprendimento della lingua 2 né l’una, né l’altra strategia. Gli aspetti più rilevanti saranno quelli relazionali: -saluto, mi presento, accondiscendo, mi rifiuto- e gli aspetti pragmatici – comprendo perché faccio, parlo perché devo fare o far fare.

Va inoltre rispettato lo stile di apprendimento del bambino: spesso il bambino straniero che non parla o parla poco, non è quello che conosce peggio la lingua italiana, ma che preferisce comunicare senza parole finchè non è sicuro di produrre frasi corrette (ma avrà un buon livello di comprensione e capacità di comunicazione non verbale). Il bambino che parla subito, giungendo per approssimazioni alla produzione corretta, avrà il vantaggio di accumulare esperienze stimolando molto di più adulti e compagni ad interagire con lui, ma se non supportato tenderà a rimanere ad un linguaggio del qui ed ora, senza accedere alla complessità linguistica, perché l’altro non si accorge delle sue difficoltà e dà per scontato la qualità della comunicazione.

Inoltre alfabetizzare non significa semplicemente insegnare l’italiano, ma insegnare l’italiano in compresenza di una altra lingua, al fine di promuovere nel bambino il bilinguismo, e cioè la capacità di esprimersi in due lingue, sapendo che questo – il bilinguismo aggiuntivo, non può che essere considerato che un arricchimento dell’identità, dell’autonomia e della competenza del bambino.

Intercultura
La presenza degli stranieri sia nella scuola che nella società sta diventando per tutti un’occasione per riprendere la questione della “differenza”: incontrare l’altro/l’altra a partire da sé, cioè a partire dalla consapevolezza della propria identità e parzialità, superando tutte le pretese di essere rappresentativi dell’intero universo.
Di fronte alla diversità di culture, ci sono due strategie per creare un equilibrio tra le diversità:

  • la strategia multiculturale e quella interculturale.

  • La multiculturalità prevede la tutela delle culture nel territorio attraverso dispositivi che favoriscono l’interazione all’interno delle varie etnie e la tutela dei diritti individuali e di gruppo.

  • I soggetti appartenenti ad una cultura potranno utilizzare i servizi organizzati specificatamente per essi (insegnanti della propria lingua, curricoli specifici, attività integrative tese a valorizzare le proprie origini e le proprie credenze)

  • L’interculturalità prevede scambi continui tra varie culture in ogni momento della vita quotidiana, nella consapevolezza che la contaminazione culturale non sottrae valori, ma porta all’elaborazione di una cultura più ricca

  • Fare intercultura significa attivare un processo relazionale attivo, motivante e arricchente che sa far conoscere, convivere e interagire le differenze,  in una quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, di apertura verso l’altro.

  • Per una pedagogia interculturale la diversità è ricchezza, quindi all’alunno straniero la scuola non può chiedere solo di rinunciare a qualcosa di suo per adeguarsi al contesto, per omologarsi, ma deve offrire la possibilità di valorizzare la sua cultura d’origine per farne occasione di crescita per i compagni.

  • Chiaramente non è possibile che il bambino piccolo possa portare in modo consapevole elementi della propria cultura ai compagni, è necessario che in questo sia aiutato dagli adulti, i suoi genitori, che in questo contesto risultano esperti anche rispetto l’insegnate – e l’insegnante, che può far valere le sue conoscenze, la sua sensibilità, e la sua strumentazione didattica.

Quali strumenti professionali possono essere messi in campo dall’insegnante?

Ne cito alcuni per la Scuola dell’Infanzia:

la regia educativa:  l’insegnante della scuola d’infanzia, come regista, è capace di allestire spazi reali – angoli di interesse, laboratori – e spazi fantastici – sfondi integratori , nuclei progettuali,  nei quali i bambini trovano la trama della motivazione al fare, delle loro conversazioni, della rielaborazione dei propri ricordi e dello sviluppo delle proprie competenze.   L’angolo familiare può allora accogliere elementi presenti non solo nelle nostre case, ma anche nelle case dei paesi di origine dei nostri alunni, i libri e le filastrocche possono appartenere alla storia dell’uno o dell’altro bambino, il viaggio fantastico è occasione di incontri e scoperte non solo di elementi fantastici, ma anche di elementi della storia personale e famigliare dei bambini “che  vengono da lontano”

 la molteplicità dei linguaggi: nella scuola dell’infanzia il linguaggio verbale è sempre affiancato da altri linguaggi, e la comunicazione gestuale, iconica, i linguaggi del colore e delle immagini, il linguaggio musicale possono essere strumenti potenti di comunicazione, rassicurazione per chi non conosce la lingua italiana, espressione, e esplorazione delle diversità.

 le routines e le regole – nella scuola dell’infanzia le regole di comportamento vengono ogni anno ricostruite insieme ai bambini, attraverso l’uso di contrassegni, l’imitazione, la costante ripetizione non tanto del contenuto verbale, ma dei gesti.

 filastrocche e narrazioni: l’acquisizione degli aspetti ritmici e fonologici della lingua, così come quelli strutturali e semantici, sono sostenuti dalla musicalità e dalla ripetitività degli eventi. Inoltre il riconoscersi uguali – in quanto si condividono le stesse storie e le stesse filastrocche – ma anche diversi – la mia nonna o la mia mamma cantava così, offre la  possibilità di scambiare e imparare insieme dalle differenze. L’uso delle fiabe inoltre favorisce lo sviluppo di storie di vita caratterizzate dal viaggio, dall’incontro, dal superamento delle difficoltà, che sono temi importanti per tutti i bambini, ma in particolare per quei bambini in cui questi temi evocano esperienze intense e a volte traumatiche.

 giochi collaborativi: le attività nella scuola dell’infanzia favoriscono la cooperazione o l’alternarsi dei ruoli piuttosto che la competizione, e quindi attività di tutoraggio e aiuto dei più deboli che possono beneficiare di questi percorsi.

Allo stesso modo vanno ripensate alcune competenze professionali di docenti della scuola elementare e media.

INPUT: inserimento durante l’anno di un alunno straniero in classe

  • Il tempo dell’attesa

  • Il tempo della sorpresa

  • Fammi vedere chi sei

  • Il tempo delle emozioni

  • Il viaggio nelle competenze