Elisabetta
Montesi – considerazioni dall’incontro:
L’adozione internazionale arricchisce la
nostra comprensione rispetto alle storie di vita che
vedono i bambini che entrano in una nuova famiglia e che
costruiscono la propria identità in questa, che a volte
diventa la loro “vera” famiglia, a volte la loro
“seconda famiglia”.
Nello stesso tempo l’adozione
internazionale richiama il processo ed il cammino
attraverso cui i piccoli migranti che sono in Italia con
le loro famiglie, giungono a costruire una identità ed
una storia personale.
I bambini migranti hanno radici lontane,
a volte intrise di nostalgia, tuttavia si nutrono della
cultura, della lingua, delle relazioni della città e del
paese di accoglienza, e giungono ben presto a sentire
come parte di sé le tradizioni, i modi di vivere, i
progetti di vita del luogo in cui si svolge la loro
vita quotidiana.
Nell’adozione internazionale le
due complessità – adozione e migrazione – si affiancano
e moltiplicano i loro effetti, tanto che ogni
generalizzazione, per rilevare alcune costanti o
criticità, risulta impossibile o inadeguata.
Quello che è certo è che per il
bambino “cambia il mondo”: e questo coinvolgendo strati
molto profondi dell’essere.
Cambiano così gli odori e i sapori
(ricerche sul disegno dei bambini hanno sottolineato
l’importanza del naso per i bambini in adozione
internazionale: il mondo che cambia odore è percepito
anche dai piccolissimi, il cibo che cambia sapore in
modo brusco crea una frattura anche nei lattanti)
Cambiano i paesaggi esterni ed interni, i
contatti fisici, le possibilità di movimento
Cambiano i riferimenti affettivi, non
solo cambiano le persone, ma anche i ruoli: i ragazzi
raccontano “Io non sapevo cosa fosse un padre”, “vivevo
da solo”, “eravamo in tanti tutti uguali ..” sono frasi
che ci fanno riflettere sulla “famiglia del presepe” con
cui il bambino in adozione internazionale deve
confrontarsi.
Spesso i bambini passano dalla fase di
“Alice nel Paese delle Meraviglie” o del “viaggio di
nozze”, dove tutto è percepito come buono e
sbalorditivo, affascinante da guardare e da toccare,
alla fase dello “shock culturale”, nel quale le
differenze iniziano ad essere percepite come mancanze, e
si vive uno stato di depressione, disorientamento,
isolamento.
Può essere esplicitato un rifiuto di
tutto ciò che appartiene alla nuova famiglia e al nuovo
paese.
Da questa fase, che va considerata come
fisiologica, si può passare poi alla fase di ripresa, in
cui il mondo non è più bianco e nero, ma assume varie
sfumature ed è apprezzato per i sui diversi colori, ed
infine alla fase di adattamento o integrazione, dove ci
si percepisce come appartenenti alla comunità.
Anche gli adulti vivono un cammino simile
nell’accogliere il bambino, e questo può generare sensi
di colpa e fraintendimenti.
Il rapporto adottivo può iniziare con
molti fraintendimenti
Raccontano delle ragazza indiane, che
all’arrivo in Italia hanno avuto un fratellino piccolo
ad aspettarle con i fiori in mano, per molto tempo hanno
pensato che fosse il loro sposo, e ragazzi che sono
vissuti dalla nascita in istituti che accolgono
centinaia di bambini in condizioni di estrema povertà
materiale e di relazioni , hanno detto di aver percepito
come luogo d’accoglienza la scuola, e come luogo di
valutazione e controllo la famiglia (perché sino allora
era stato quello il ruolo degli adulti nella loro vita)
Dalle testimonianze di ragazzi già
adottati, possiamo evidenziare alcuni aspetti che
l’adozione internazionale ha in sè :
..la presenza di due me provoca
scintille … mi sento male quando mi accorgo di non
ricordare la mia lingua …guardandomi allo specchio penso
sempre che qualcosa mi è rimasta dentro ….come ho fatto
a dimenticare ….
Richiamare le difficoltà o le differenze
non può far dimenticare “La magia dell’Incontro” vissuto
tra bambino e adulto, nel quale si realizza un sogno, e
che consente al bambino di sopravvivere, ma anche di
realizzarsi, ed al genitore di sperimentare la
generatività e di lanciare un ponte verso il futuro. |