GRAZIELLA FAVARO
Una
delle novità più rilevanti contenute nel testo sugli
Orientamenti per la nuova scuola dell'infanzia è
costituita certamente dal campo di esperienze denominato
“Il sè e l'altro". In esso vengono fatte confluire
"tutte le esperienze e le attività esplicitamente
finalizzate che stimolano il bambino a comprendere la
necessità di darsi e di riferirsi a norme di
comportamento e di relazione indispensabili per una
convivenza umanamente valida".
Partendo dalle esperienze realmente
vissute dal bambino - ed escludendo, quindi, ogni
intervento e attività imposti in maniera astratta e
dagli adulti - il tema dell'apertura all'altro
rappresenta una delle "idee forza" e una delle
prospettive formative da perseguire con maggior
convinzione.
II rapporto e l'incontro con le
differenze considerate sia nelle manifestazioni semplici
e immediate del vivere insieme quotidiano, sia nelle
dimensioni più complesse e meno facilmente visibili,
quali quella religiosa e dei valori, non rappresentano
inoltre una componente aggiuntiva del processo formativo
degli individui. Al contrario, vengono considerati come
dimensioni costitutive dell'identità, poichè è solo nel
rapporto con l'altro da sè, che gli individui possono
definirsi, distinguersi, vivere e dichiarare la propria
appartenenza.
L'esperienza dell'incontro con l'altro è
diventata oggi reale e quotidiana per la presenza dei
"bambini venuti da lontano" nelle scuole per l'infanzia.
Attraverso l'inserimento dei piccoli
marocchini, dei bambini cinesi, di coloro che provengono
dall'Eritrea, dalla Somalia o dal Ghana, entrano nella
scuola le differenze culturali, altre religioni e
credenze, modalità differenti di alimentarsi e di
parlare, di esprimere l'intimità e le emozioni, di
vivere la festa e di stabilire rapporti tra le
generazioni.
E così, l'incontro con l'altro, da
apertura teorica che tenta di disegnare il futuro
possibile, diventa oggi, in numerose scuole e
situazioni, esperienza del presente e del quotidiano.
L'approccio pedagogico al quale
richiamarsi è quello dell'educazione interculturale, che
delinea, ad un tempo, le finalità e gli obiettivi, il
processo e il percorso educativo.
Nella progettazione educativa il tema dell'educazione
interculturale deve essere proposto in modo esplicito
anche in quelle situazioni ove non siano presenti
bambini stranieri, così come peraltro viene indicato
anche nei nuovi Orientamenti. La presenza dei bambini
venuti da lontano - e la gestione educativa delle
differenze - devono essere inoltre inserite all'interno
di una più generale attenzione al problema della
conoscenza, accettazione e valorizzazione della
diversità. II problema della diversità non riguarda
infatti solo il momento in cui si incontra qualcuno di
eccezionalmente diverso; la diversità nelle sue varie
forme è esperienza del quotidiano, ingrediente
fondamentale della vita sociale.
Le tappe dell'educazione
interculturale
"Chi dice interculturale dice
necessariamente, sottolineando il significato del
prefisso inter, interazione, scambio, apertura,
reciprocità, solidarietà obiettiva. Dice anche, dando il
pieno senso al termine cultura, riconoscimento dei
valori, dei modi di vita, delle rappresentazioni
simboliche alle quali si riferiscono gli esseri umani,
individui e società, nelle loro relazioni con l'altro e
nella loro comprensione del mondo, riconoscimento delle
loro diversità, riconoscimento delle interazioni che
intervengono di volta in volta tra i molteplici registri
di una stessa cultura e fra differenti culture, nello
spazio e nel tempo" (Unesco, 1980).
Questa definizione sottolinea i concetti
chiave di interazione culturale e di riconoscimento
delle diversità che sono alla base dell'educazione
interculturale e richiama una nozione di cultura
considerata in senso ampio, non limitata alle forme
"alte" del pensiero e dell'agire, ma estesa all'intero
modo di vivere, di pensare e di esprimersi di ogni
gruppo sociale.
L'educazione interculturale in Italia ha
fatto la sua comparsa ufficiale alcuni anni fa: è
infatti a partire dal 1990 che il termine entra nella
scuola e nel mondo educativo attraverso "la porta
principale e ufficiale" della normativa. Una circolare
ministeriale (n° 205 del 26 luglio 1990) trattava
infatti per la prima volta i temi dell'inserimento dei
bambini stranieri nella scuola e quello dell'educazione
interculturale.
Più
tardi, l'educazione interculturale appare sempre più
spesso nei documenti e negli studi: nelle pronunce del
Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e in altre
circolari.
Tra queste, segnaliamo in particolare,
per la ricchezza degli spunti e del messaggio:
la n° 73 del 2 marzo 1994 "Dialogo
interculturale e convivenza democratica: l'impegno
progettuale della scuola";
il decreto legislativo n. 286 del
27/7/1998 "Istruzione degli stranieri e educazione
interculturale";
la
direttiva ministeriale n. 97/2000 che indica l'approccio
interculturale come "sfondo integratore" del piano di
offerta formativa di ciascuna scuola.
L'approccio pedagogico interculturale
consiste nel creare situazioni di incontro e confronto
fra persone appartenenti a mondi e riferimenti culturali
diversi. Le sue parole chiave possono quindi essere:
interazione (intesa come apertura, curiosità,
confronto), reciprocità (realizzata attraverso lo
scambio di informazioni, saperi, risorse), rispetto
(intesa come riconoscimento dei punti di vista diversi,
cambiamento, ricerca di analogie e comunanze).
L'educazione interculturale disegna
quindi un processo e delinea un progetto.
Come rendere operativo l'approccio
interculurale nei servizi educativi per l'infanzia?
Un
servizio attento all'accoglienza e alle storie di tutti
i bambini può "fare" educazione interculturale in vari
modi.
Tra questi, attraverso:
lo spazio:
la predisposizione di un ambiente multiculturale nel
quale le differenze siano visibili e riconosciute
(immagini, oggetti, giochi ...)
la relazione: l'attenzione
al clima relazionale positivo e alle interazioni tra gli
adulti e tra i bambini che favoriscano l'incontro e lo
scambio;
la comunicazione: una chiara
intenzionalità comunicativa rivolta
a tutti, e a ciascuno grazie all'uso di messaggi verbali
e non verbali di apertura e all'utilizzo di messaggi
plurilingui;
i saperi: la valorizzazione delle
risorse e delle competenze di tutti i partner educativi
(ad esempio saperi delle madri riguardanti la cura dei
piccoli; un massaggio, giochi, fiabe, cibo ... );
i temi e le attività:
la realizzazione di eventi e la proposta di argomenti
che aiutino i bambini a conoscere il mondo, le sue
storie, le feste, i giochi, il cibo , i sapori , i modi
di vivere ...
Di
seguito presentiamo alcuni frammenti di racconti ed
esperienze sui temi delle feste, del cibo, dei giochi,
dei nomi, delle fiabe.
Feste e ricorrenze
La festa è un tema privilegiato per
“FARE" educazione interculturale.
Nella festa confluiscono infatti aspetti legati al
tempo, al calendario, alla religione, ai ritmi della
vita, ai riti, ai cibi, all'abbigliamento.
Trattare il tema della festa permette
così di esplorare i modi diversi di misurare il tempo,
di conoscere calendari diversi, i significati e i riti
di tipo religioso, tradizionale, di definire i ritmi che
scandiscono la vita individuale e collettiva.
Si può conoscere la festa attraverso
alcune chiavi di lettura privilegiate come, ad esempio:
il tempo,
ricercando, ad esempio, il significato dei momenti di
passaggio legati alle ricorrenze e presentando la
misurazione del tempo
nei diversi calendari (ere diverse a seconda della
religione di riferimento, feste e tempo definiti su base
lunare o solare);
lo spazio,
inteso sia come luogo privato, della casa, sia come
luogo esterno, pubblico, dell'incontro e della
celebrazione;
il cibo,
elemento sempre presente nei riti di convivialità e
della condivisione che accompagnano la preparazione
della festa e la festa stessa;
l'abbigliamento, i
modi e le forme di preparazione e di abbellimento dei
partecipanti alla festa: trucchi, costumi, gioielli,
colori dell'abito;
i simboli
e la ritualità che hanno a che fare con
le attese, individuali e collettive, con il valore e i
significati dei gesti e delle parole della
festa.
Fine gennaio. Bambini e adulti cinesi
immigrati in Italia celebrano insieme ai loro
connazionali in patria e ai cinesi della diaspora sparsi
ai quattro angoli del mondo, l'inizio del nuovo anno. Si
conclude l'anno del drago e comincia quello del
serpente.
In una scuola dell'infanzia , frequentata
da molti bambini di questa nazionalità , la festa del
capodanno cinese è in pieno svolgimento .
Nel giorno della seconda luna nuova dopo
il solstizio d'inverno (che cade nel calendario solare
occidentale tra il 21 gennaio e il 20 febbraio) si
celebra l'inizio della bella stagione e del risveglio
della natura. La festa si chiama infatti chunjie , che
significa festa di primavera. Sui muri della scuola sono
appese strisce di carta rossa con le scritte bilingui in
ideogrammi cinesi e in italiano che augurano a tutti
felicità , prosperità e fortuna. I bambini hanno
costruito un enorme drago di cartapesta che è pronto a
danzare e ad essere portato in giro per la scuola ;
lanterne di tutte le forme e colori addobbano i muri e
le porte. . Nei giorni scorsi , una mamma cinese ha
raccontato ai bambini la leggenda dei dodici animali del
calendario. E oggi si mangiano gli involtini primavera
perché il Comune ha deciso di inserire nella mensa
scolastica , in occasione delle feste principali delle
altre culture , i cibi di alcuni paesi.
La leggenda dei dodici
animali
Tanto e tanto tempo fa, così tanto che
nessuno più ricorda, ci fu un re in Cina che volle
festeggiare il capodanno in modo grandioso.
Decise di invitare al banchetto non solo
gli uomini, ma anche tutti gli animali. Inviò dei
messaggeri perché chiamassero a palazzo tutti gli
animali della terra. Venne il gran giorno e tutto era
pronto: cibo e bevande a volontà. Il re si mise ad
aspettare gli ospiti.
Il primo ad arrivare fu il Topo, seguito
dal Bufalo, dalla Tigre e dalla Lepre. Giunsero poi il
Drago, il Serpente e il Cavallo. E ancora, la Capra, la
Scimmia, il Gallo e il Cane. Per ultimo arrivò il
Cinghiale.
II re continuò ad aspettare altri ospiti
ma non arrivò nessun altro animale.
Pensò allora di ringraziare in maniera
speciale coloro che avevano accettato il suo invito.
Così decise che ogni anno avrebbe avuto
il nome di un animale, cominciando dal Topo che era
stato il primo ad arrivare, per finire con il Cinghiale,
l'ultimo del gruppo.
Da quel giorno, nella giusta sequenza, si
susseguono i dodici animali, anno dopo anno.
Un
animale per ogni anno
Animali |
Anno |
Data di inizio |
Topo |
1996 |
7-2 |
Bufalo |
1997 |
26-1 |
Tigre |
1998 |
16-2 |
Lepre |
1999 |
5-2 |
Drago |
2000 |
24-1 |
Serpente |
2001 |
12-2 |
Cavallo |
2002 |
1-2 |
Capra |
2003 |
22-1 |
Scimmia |
2004 |
9-2 |
Gallo |
2005 |
- |
Cane |
2006 |
- |
Cinghiale |
2007 |
- |
Procuratevi
un calendario interculturale che segnala le feste delle
varie culture e preparate con i genitori la celebrazione
di una festa altra.
Cibi e modi di mangiare
Al suo primo giorno di scuola Li Li, una
bambina cinese di sei anni, arrivata da pochi giorni in
Italia, osserva con timore i compagni per cercare di
comportarsi e di mangiare come loro, usando le posate al
posto del cucchiaio di porcellana e delle bacchette.
Guarda anche con un certo sospetto il formaggio che ha
nel piatto e che non ha mai mangiato prima d'ora.
Karim invece non mangia mai il prosciutto
alla mensa della scuola e i suoi compagni di classe non
sanno ancora perché.
Gusti, disgusti, divieti che riguardano
il cibo sono il frutto di inclinazioni personali, di
tradizioni familiari o di gruppo, di regole religiose.
Hanno a che fare quindi con il rapporto,
reale e simbolico, tra uomini e cibo. I1 cibo, impuro o
pericoloso, il cibo "buono" e che fa bene, il sapore
della casa e della nostalgia: per ognuno di noi alcuni
sapori evocano benessere, festa, piacere e altri sono
associati a disgusto e disagio.
Il tema del cibo può essere proposto ai
bambini cominciando dalle preferenze e dai racconti
individuali, per allargarsi verso le abitudini dei
gruppi, le tradizioni diverse, il legame tra
alimentazione e pratiche religiose.
Un
altro tema può riguardare i prodotti dei Sud del mondo
che giungono sulle nostre tavole (tè, caffè, cacao,
ecc.) e il viaggio che compiono i cibi. E poi ancora ,
si può dare spazio in classe agli aspetti della
ritualità della tavola comune, della convivialità, ai
modi diversi di mangiare e di accogliere l'ospite.
Il
cibo della festa
Per il Capodanno, oltre gli involtini
primavera, in Cina si prepara una zuppa con gli
spaghetti più lunghi possibile perché augurio di lunga
vita. Si serve il dolce degli "otto tesori", che si
chiama così perché contiene otto ingredienti che i
cinesi considerano fondamentali.
Ricette e notizie sui cibi degli altri paesi si trovano
nel libro per ragazzi di B. Vitali, Un Libro buono un
mondo, Giunti, Firenze 1995.
Si
può raccogliere in un libro costruito giorno per giorno
tutte le ricette dei cibi preferiti dai bambini del
mondo e raccontate dalle loro mamme
Tante fiabe per
conoscersi
Gíuha, furbo e sciocco al tempo stesso,
viene dal Marocco ma assomiglia moltissimo a Nastradìni
che abita invece in Albania, il quale, a sua volta,
assomiglia a Giufà che sta preferibilmente in Sicilia e
dintorni.
Sono tutti protagonisti famosi di
racconti popolari, conosciuti da adulti e bambini di
paesi diversi: un esempio di personaggi "ponte" che
hanno attraversato i confini e appartengono al mondo
dell'immaginario di qui e d'altrove.
Le fiabe e i racconti hanno da sempre
accompagnato i popoli nelle loro peregrinazioni, si sono
arricchiti così dei contatti tra genti diverse, subendo
contaminazioni e metamorfosi.
Nelle fiabe e nei miti si ritrovano sia
elementi universali e comuni, sia aspetti differenti e
specifici, frutto dell'adattamento del racconto e della
narrazione a modi di vivere e contesti diversi.
Portare in classe le fiabe di altri paesi
vuol dire allora fare un tuffo nell'altrove, in luoghi
diversi ma ritrovare anche eroi, magie, incantamenti e
paure comuni.
La presenza in classe di
animatori-narratori stranieri, grìot cantastorie che
portano con sé racconti venuti da lontano, è
un'esperienza affascinante per i bambini, già
sperimentata con risultati positivi in molte scuole.
Essi sanno restituire alle fiabe i ritmi, i suoni, le
immagini proprie della narrazione orale coinvolgendo i
bambini nel fluire di una narrazione senza. tempo e
senza confini.
E quindi, lasciamo narrare il Griot:
Il
mio racconto si snodi
Come un nastro di seta
Ese Dio vuole
Renda la serata lieta
Chiedete
ai genitori di raccontarvi le loro storie più belle;
raccoglietele e scrivete così il libro delle storie di
tutti
Giochi e Giocattoli
In
Albania giocavamo sempre fuori. Andavamo sulle rive del
fiume e giocavamo con la terra, con le barchette fatte
da noi, con l'acqua... Ogni tanto costruivamo gli
uccelli di carta, gli aquiloni e li facevamo volare...
Nei racconti dei bambini stranieri
arrivati da poco in Italia il tema dello spazio esterno,
del gioco giocato "fuori" vicino al fiume e sui prati,
dei luoghi collettivi di incontro e di divertimento
ricorre spesso con rimpianto e nostalgia. "Qui ci sono
tantissimi giochi e giocattoli; lì c'era più spazio...",
dice Agim.
Il tema del gioco, dei modi di giocare e
del rapporto con i giocattoli è un tema centrale nel
quotidiano dell'infanzia.
Scoprire i giochi d'altrove, i modi
diversi e comuni di giocare, scambiare i giochi,
reinventare le regole, imparare a costruire giocattoli,
sono alcuni dei percorsi possibili da sviluppare in
classe.
Come le fiabe e i racconti, anche i
giochi hanno attraversato i confini e sono giocati in
modo simile da bambini che vivono agli angoli diversi
del mondo. I bambini albanesi, a scuola e fuori dalla
scuola, giocano come tutti i bambini del mondo, a
pallone, a correre e a rincorrersi, con la corda e con
le macchinine. Giocano a E ka kush e ka, un gioco "a
prendersi" che ha regole comuni a tutti i giochi di
questo tipo. Giocano a Ngriua shkriua (ci hanno
legati-ci hanno liberati) durante il quale scappano,
vengono fatti prigionieri e poi liberati, come succede
dovunque ci siano un cortile e bambini con tanta voglia
di muovere le gambe.
Come i loro compagni cinesi che
costruiscono gli zhiyuan (uccelli di carta) e i bimbi
peruviani che li chiamano invece cometas, anche i
bambini albanesi sanno costruire con grande abilità
aquiloni coloratissimi di forma triangolare (baloné
tanke) o esagonale (baloné tabake).
Nomi e significati
Il nome, segno immediato e pregnante
della storia e dell'appartenenza individuale e
collettiva, è un elemento centrale dell'identità.
Spesso, dietro l'attribuzione di un nome, si possono
leggere appartenenze religiose, aspettative e auspici,
iscrizioni simboliche dell'individuo nella geografia
familiare e del gruppo.
II tema del nome ci permette così di
trattare in classe altri riferimenti e aspetti, legati
alla religione, alla scrittura, agli scambi, al rapporto
con la natura, alla continuità tra le generazioni.
Chi
ha scelto il nome del bambino? Che significato ha? Come
si dice quello stesso nome in lingue diverse? Come si
scrive nella grafia originaria? Sono alcuni spunti dai
quali partire per elaborare in classe un percorso
didattico che metta al centro il nome come elemento
pregnante della storia di tutti i bambini.
In Ghana
In Ghana le persone hanno spesso lo
stesso nome. C'è una ragione molto semplice per questo.
Al neonato, oltre ad un nome proprio che può ricordare
un familiare, un parente, viene dato anche un secondo
nome riferito al giorno in cui è nato.
Ci
sono quindi solo sette nomi tra i quali scegliere: un
nome per ciascun giorno della settimana.
Così, sentendo il suo nome, si può dire
in quale giorno una persona è venuta al mondo Ecco i 14
nomi, che possono avere delle variazioni o dei
diminutivi, 7 per i maschi e 7 per femmine:
|
MASCHILE |
FEMMINILE |
LUNEDI |
KWAYO |
ADJOA |
MARTEDI |
KWABENA |
ABENA |
MERCOLEDI |
KWAKU |
AKWA |
GIOVEDI |
YAW |
YAA |
VENERDI |
KOFI |
EFUA |
SABATO |
KWAME |
AMA |
DOMENICA |
KWEBI |
ESI |
Cina
Nel
sistema di attribuzione dei nomi cinesi, il nome, posto
sempre dopo il cognome, non serve a indicare il sesso
dell'individuo e i genitori possono scegliere e
inventare per i loro figli il nome che vogliono, senza
fare riferimento ad una lista prestabilita.
Il
nome personale può dare indicazioni sul carattere, sulle
qualità morali o fisiche, sull'attività professionale
che i familiari si augurano per il bambino.
In
generale, sono quindi parole di buon auspicio e di
augurio.
Naturalmente, alcune caratteristiche personali o
professioni sono ritenute più maschili o più adatte alle
bambine, così vi possono essere nomi scelti e diffusi
soprattutto per l'uno o l'altro sesso. Xue Fang, che
significa "profumo di neve" è un nome destinato alle
bambine, come Xiao Hui (luce dell'aurora) o hun Yan
(rondine di primavera). mentre Hai Tao (onde del mare) o
Liang Long (drago buono) vengono scelti per i maschi.
A
volte può succedere che fratelli e sorelle abbiano una
parte di nome in comune. Chun Yan (rondine di primavera)
ha una sorellina che si chiama Xiao Yan (rondine che
ride).
Marocco
Fra
i bambini che provengono dal Marocco e dai paesi arabi
in genere, i nomi legati alla religione sono molto
diffusi.
Fra
questi, il più noto è certamente Mohamed, il nome del
Profeta, che significa "lodato, che ha grande fama".
Altri nomi del patrimonio storico-religioso che
ricorrono di frequente sono, ad esempio, Ali, che
significa "alto, eccelso", Omar, Hassan, Hussein, fra
quelli maschili e Khadigia, Aisha, Amina, Fatima, fra
quelli femminili.
Ognuno di questi personaggi fu legato al Profeta
dell'Islam da vincoli di parentela o di devozione. Ali
era cugino e genero del Profeta; Hassan e Hussein erano
i figli di Ali e Fatima e quindi nipoti del Profeta.
Khadigia fu la prima moglie di Mohamed, Aisha fu
l'ultima moglie, Amina era sua madre e Fatima sua
figlia.
Sempre nel campo dei nomi religiosi, molti iniziano con
il prefisso "Abd" che vuol dire "servo" al quale segue
uno dei 99 nomi di Dio. 1 99 nomi sono sostantivi o
aggettivi tratti dal Corano o dalla tradizione con i
quali Dio viene invocato e lodato. Si formano così nomi
come Abdelatif (servo del benevolo).
Vi
sono inoltre moltissimi nomi che esprimono concetti,
simboli, qualità, altri che evocano sentimenti e
affetti, come Leila (notte). Naima (beatitudine), Siham
(freccia). Said (felice), Amir (principe), Khalid
(eterno). |