Apprendere e insegnare la comunicazione interculturale
ESSERE in
una prospettiva interculturale non significa
abbandonare i propri valori ma
-
conoscere gli altri,
-
tollerare le differenze almeno fino a quando
non entrano nella sfera dell’immoralità che, secondo
i nostri standard, non intendiamo accettare,
-
rispettare le differenze che non ci pongono
problemi morali ma che rimandano solo alle diverse
culture,
-
accettare il fatto che alcuni modelli
culturali degli altri possono essere migliori dei
nostri e, in questo caso,
-
mettere in discussione i modelli culturali
con cui siamo cresciuti.
L’ l’interculturalità
è un atteggiamento di fondo, che prende atto della
ricchezza insita nella varietà, che non si propone
l’omogenizzazione ma mira soltanto di permettere
un’interazione il più piena e fluida possibile tra
le diverse culture.
Formare alla
comunicazione (e, più in generale, ad un
atteggiamento) interculturale significa formare:
ü
persone che consapevolmente scelgono quali modelli
comunicativi e culturali accettare, tollerare,
rifiutare nelle varie situazioni in cui si trovano
ad operare
ü
operatori che sanno evitare i conflitti involontari
dovuti alle differenze culturali
ü
protagonisti di un mondo che alle pulizie etniche
sostituiscono la curiosità, il rispetto, l’interesse
per soluzioni diverse da quelle proprie.
Uno strumento
per l’osservazione culturale
Una “cultura” è
l’insieme dei “modelli culturali” messi in atto da
un popolo per rispondere a bisogni di “natura”:
nutrirsi, procreare, proteggersi dal freddo, vivere
in gruppo, ecc.
Poiché siamo cresciuti all’interno dei modelli della
nostra cultura, ne siamo generalmente inconsapevoli:
ci sembra ad esempio “naturale”, mentre è
“culturale”, che ci sia un capofamiglia e non una
capofamiglia, che non si debba picchiare chi ha idee
diverse dalle nostre (ma sono passati pochi decenni
dal fascismo, dagli anni di piombo... e negli stadi
di calcio ci si picchia oggi per tifo, neppure per
idee), che la gerarchia sia fatta in un certo modo,
che nelle scuole e nelle università un docente
faccia domande di cui sa già la risposta, e così
via.
E’ quindi necessario saper osservare la propria
cultura mentre si osserva quella altrui. Gli
antropologi hanno individuato parametri e metodiche
di osservazione sofisticatissimi; ma per i nostri
fini è meglio ricorrere ad una nozione
sociolinguistica più semplice ma più maneggevole,
cioè quella di “ambito” situazionale.
Il
modello che proponiamo qui di seguito è basato su
Balboni , a cui si rimanda per approfondimenti
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DOMINIO 1: LE
RELAZIONI SOCIALI
a)
Rapporto con uno straniero
b) Rapporto giovani / adulti
c) Rapporto con i superiori
d) Corteggiamento, relazione amorosa
e) Relazioni omosessuali
f) Uso di offrire sigarette, bevande, ecc.
g) Modo di riparare ad errori, scusarsi
eccetera
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DOMINIO 2:
L'ORGANIZZAZIONE SOCIALE
a) Sistema
istituzionale ed elettorale
b) Sistema giudiziario
c) Sistema bancario e finanziario
d) L'industria
e) L'agricoltura
f) Il terziario
g) Le tele-comunicazioni
h) I trasporti
i) I mass media
j) La criminalità
k) La/e religione/i
eccetera |
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DOMINIO 3: LA
CASA E LA FAMIGLIA |
DOMINIO 4: LA
CITTA' |
a)
Dimensione della famiglia
b) Ruoli nella famiglia
c) Rapporto genitori-figli
d) Autonomia dei figli da ragazzini, età dell’uscita
da casa
e) Tipologia della casa
f) Tradizione e innovazione nelle case
g) Proprietà e affitto di abitazioni
h) Pulizia della casa
i) La casa di città
j) La casa di paese
k) La casa in campagna
l) Interesse della famiglia per la casa: pulizia,
restauro, ecc.
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) Rapporto
città-cittadina-paese-campagna
b) Rapporto centro-periferia
c) Traffico privato e traffico pubblico
d) Strutture produttive e città
e) Divertimento, sport e città
f) Città e cultura
g) Il governo della città
h) La città e gli abitanti: come questi si sentono
“cittadini”, padroni della città
i) Città e sostegno alle famiglie: asili, ricoveri,
ecc.
j) Città e scuole
k) I problemi della droga
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DOMINIO 5: LA
SCUOLA |
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a)
Scuola privata e pubblica
b) Livelli scolastici
c) Prestigio sociale della scuola, degli insegnanti
d) Rapporto scuola-mondo del lavoro
e) Tradizione e innovazione nella scuola
f) Ruolo delle famiglie nella scuola
g) Le lingue straniere
h) Scuola come formazione personale e/o
professionale
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La percezione della forte connotazione
culturale dei domini porta ad adattare le proposte di
insegnamento, in particolare nella scelta dei vocaboli
da insegnare per approcciarsi all’Italiano L2 e nella
organizzazione e la scelta dei contenuti disciplinari.
Che cosa è necessario osservare
Gli elementi che possono essere maggiormente soggetti a
incomprensioni, sono determinati da una serie di
fattori, che può essere utile ritrovare in elenco:
Valori culturali di fondo
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a)
Il tempo
b) La gerarchia e il potere
c) Il rispetto sociale e la “correttezza politica”
d) Attribuzione e mantenimento dello status: la
necessità di salvare la faccia |
Uso del corpo per
fini comunicativi
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a)
Sorriso
b) Occhi
c) Espressioni del viso
d) Braccia e mani
e) Gambe e piedi
f) Sudore (e profumo)
g) Rumori corporei
h) Toccarsi i genitali
i) Distanza frontale tra corpi
j) Contatto laterale
k) Il bacio
l) Lo spazio personale nel luogo di lavoro
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Uso di oggetti per fini comunicativi
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a)
Vestiario
b) Status symbol
c) Oggetti che si offrono: sigarette, liquori, ecc.
d) Regali
e) Danaro
f) Biglietti da visita |
La lingua
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a)
Tono di voce
b) Velocità
c) Sovrapposizione di voci
d) Superlativi e comparativi
e) Forme interrogativa e negativa
f) Altri aspetti grammaticali
g) Titoli e appellativi
h) Registro formale/informale
i) Struttura del testo |
Mosse comunicative
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a)
Abbandonare
b) Attaccare
c) Cambiare argomento
d) Concordare
e) Costruire
f) Difendersi
g) Dissentire
h) Domandare
i) Esporsi
j) Incoraggiare
k) Interrompere |
l) Ironizzare
m) Lamentarsi
n) Ordinare
o) Proporre
p) Riassumere
q) Rimandare
r) Rimproverare
s) Scusarsi
t) Sdrammatizzare
u) Tacere
v) Verificare la comprensione |
Situazioni
comunicative
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a)
Dialogo
b) Telefonata
c) Conferenza
d) Presentazione della propria azienda, dei propri
prodotti
e) Partecipazione a cocktail party, pranzo o cena
f) Riunione, lavoro di gruppo |
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LA FASE DEL SILENZIO
Nella
comunicazione quotidiana l'ascolto è l'abilità che,
in percentuale, usiamo più spesso è la comprensione
orale, che è alla base di una reale competenza
linguistica.
A questa, più che
alla produzione, va dedicata gran parte
dell’attività di insegnamento dell’Italiano L2.
Un allievo straniero che deve imparare una lingua
seconda in genere è esposto per molto tempo alla
lingua da imparare, sia a scuola sia fuori dalla
scuola, ma non necessariamente questa più o meno
massiccia esposizione basta a sviluppare le abilità
di comprensione: si percepisce ciò che si è imparato
ad ascoltare.
Insegnare ad ascoltare e a comprendere i messaggi in
lingua seconda è dunque fondamentale
nell'insegnamento dell'italiano ad allievi
stranieri: il principale ruolo della scuola si
configura come insegnare a mettere in atto tutte
quelle strategie cognitive necessarie per cogliere e
decifrare le coordinate linguistiche, situazionali e
pragmatiche di un messaggio.
Ogni persona, esposta ad una lingua nuova, inizia a
comprenderla senza essere ancora in grado, o senza
essere ancora abbastanza sicura di sé, per parlarla:
è la "fase del silenzio", attraverso la
quale si passa anche quando si impara la lingua
materna.
La fase del silenzio che ha una durata variabile da
persona a persona.
E’ un periodo importante non solo dal punto di
vista psicologico, ma anche da quello cognitivo: è
infatti il periodo nel quale il soggetto è impegnato
ad identificare, nel flusso di suoni al quale è
esposto, parole ed espressioni, e a dare loro un
significato: solo quando ha identificato,
riconosciuto, compreso e messo insieme una serie di
espressioni potrà sintetizzarle in una produzione
linguistica autonoma.
Rispettare la fase del silenzio, non richiedere
innaturali, forzate e premature produzioni
linguistiche, significa rispettare i processi di
apprendimento del discente ed è necessario per
evitare l'instaurarsi di un sentimento di
inadeguatezza verso la nuova scuola, significa
valorizzare i processi di comprensione, che tanta
parte hanno in qualsiasi acquisizione linguistica.
Spesso invece gli insegnanti provano un senso di
disagio verso la mancanza di feedback nella
relazione con un parlante nella fase del silenzio,
disagio che va superato e aggirato con tecniche
glottodidattiche specifiche, che permettono di
lavorare attivamente con l'allievo, da una parte
senza forzarlo a produrre lingua, dall'altra
educandolo ad essere un "buon ascoltatore".
UN METODO
GLOTTODIDATTICO: TOTAL PHISICAL RESPONSE
Un metodo glottodidattico che risulta essere molto
utile per lo sviluppo delle abilità di comprensione
orale con allievi stranieri nella scuola va sotto il
nome di Total Phisical Response, spesso
abbreviato con T.P.R. e tradotto con Risposta Fisica
Totale.
Il T.P.R., infatti è un metodo che non richiede
risposte verbali: J. Asher , uno psicologo
americano, lo ha ideato negli anni '60,
sviluppandolo e formalizzandolo nel decennio
successivo.
Partendo dalle osservazioni fatte sui problemi di
apprendimento dei bambini, Asher elabora un metodo
glottodidattico che si rifà ad alcuni principi dei
Metodi Diretti e al processo di acquisizione della
lingua materna: per lui l'apprendimento è un
processo lento, basato principalmente su esperienze
ricettive, facilmente bloccato da avvenimenti
frustranti e ansiogeni, che va basato sul
coinvolgimento di tutte le modalità esperienziali
dell'individuo: audio-orali, affettive, motorie,
visive. Nel Total Phisical Response l'allievo
è al centro del processo di insegnamento, viene
motivato, protetto dagli insuccessi e guidato all'autorealizzazione.
La principale peculiarità del T.P.R. sta nel
collegare la lingua da apprendere con il movimento,
le azioni, la fisicità degli studenti, che non
vengono spinti alla produzione della lingua, ma
esposti ad una serie di input linguistici che
possono essere usati anche per la produzione.
L'insegnante fornisce agli studenti un input verbale
costituito da comandi al quale essi rispondono
fisicamente, con comportamenti non verbali, in
pratica eseguendo i comandi dati; in questo modo si
favoriscono le esperienze ricettive di comprensione
della lingua, non si forzano gli allievi a
produzioni linguistiche se non sono ancora pronti a
parlare, se sono ancora nel periodo silenzioso, si
coinvolgono le abilità di espressione non verbali;
nello stesso tempo l'insegnante ha un feedback
dell'avvenuta comprensione del messaggio dato e si
dà la possibilità agli studenti, quando si
sentiranno pronti, ad utilizzare la lingua per dare
essi stessi comandi agli altri.
I comandi proposti vanno da semplici ordini del
genere "apri la porta" a lunghe sequenze di azioni e
comportamenti diversi: i comandi possono essere in
sequenza, contenere tempi verbali diversi, forme
negative, sinonimi o contrari, espansioni più o meno
lunghe e complesse, per proporre un input
linguistico ricco e variato; l'input verbale è
integrato da gesti, disegni, oggetti, immagini per
facilitarne la comprensione.
L'utilità di questo metodo a scuola con allievi non
italofoni si basa sul fatto che in classe si usa
continuamente l'imperativo, si regolano i diversi
momenti scolastici attraverso una serie di comandi:
in questo modo, non c'è bisogno di costruire
situazioni verosimili o fittizie per esercitare la
lingua italiana; oltre a ciò, il TPR è importante
anche quando si vogliono riprodurre situazioni non
vivibili nella scuola, attraverso la
drammatizzazione, le scenette, le attività di
animazione.
Ancora, il T.P.R. è utilissimo fin dai primissimi
tempi di inserimento di allievi che non conoscono
nulla di italiano, in quanto attraverso questo
metodo è possibile veicolare i comandi necessari
all'allievo straniero per orientarsi nella vita
quotidiana in classe. |
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